11.7 C
Palermo
domenica, 20 Aprile 2025
HomeCronacaPeriferieLe Rosalie In-visibili del Mediterraneo alla Noce per il Vocabolario delle donne

Le Rosalie In-visibili del Mediterraneo alla Noce per il Vocabolario delle donne

Le testimonianze di alcune donne che hanno affidato il loro pensiero a una parola-simbolo, durante l'incontro al Centro Diaconale Valdese-La Noce

Serena Termini
Serena Termini
È nata il 5 marzo del’73 e ha tre figli. Dal 2005 è stata la corrispondente dell'agenzia di stampa nazionale Redattore Sociale con cui oggi collabora. Da sempre, ha avuto la passione per la lettura e la scrittura. Ha compiuto studi giuridici e sociologici che hanno affinato la sua competenza sociale, facendole scegliere di diventare una giornalista. Ciò che preferisce della sua professione è la possibilità di ascoltare la gente andando al di là delle prime apparenze: "fare giornalismo può diventare un esercizio di libertà solo se ti permettono di farlo".
spot_img
spot_img

PALERMO – Con amore, forza e tenacia, le donne che vivono ed operano nel quartiere Noce di Palermo, si sono raccontate come Rosalie In-visibili del Mediterraneo, scegliendo la loro parola. L’evento, moderato da Anna Staropoli, si è svolto, venerdì scorso nell’auditorium del Centro diaconale valdese La Noce. Anna Ponente, direttrice del centro valdese, è partita dalla parola corpo. “In questo nostro tempo, scandito dai fatti di cronaca – ha sottolineato Anna Ponente – penso che il corpo – che ha pure un valore evangelico – sia considerato spesso come un oggetto. Ben sappiamo, invece, il suo grande valore e come sia fondamentale, per esempio, nella prima relazione tra mamma e bambino. La donna, oggi, deve custodire e rivendicare l’importanza del suo corpo che è principalmente relazione e amore”.

Molto forte, è stata la testimonianza di Rosalia Auteri che si identifica con la parola riscatto. “Mi chiamo Rosalia e ho subito violenza e umiliazione dall’uomo che avevo sposato – racconta Rosalia Auteri -. L’amore non è possesso e siamo state create per essere amate e non picchiate. Ho capito che era molto importante ribellarmi e grazie al centro antiviolenza Le Onde ho denunciato. Ce l’ho fatta grazie ad una rete che fortunatamente esiste”. Tra le donne a raccontarsi è pure Blessing Diamond che, originaria della Nigeria, ha scelto la parola lavoro. “Devo molto al Pellegrino della Terra che è diventata la mia famiglia. Con loro ho avuto l’opportunità soprattutto di lavorare e, per questo sono molto contenta. Noi donne abbiamo una grande forza che ci unisce e ci fa prendere cura dei figli nostri e di quelli degli altri”. Monica Saia che ha una disabilità per la quale è in carrozzina sceglie la parola fragilità. “Dobbiamo partire da questa parola – ha affermato Monica Saia – perchè è la condizione propedeutica per reagire. La fragilità non va vista come una debolezza ma come un momento di assestamento della persona che, stremata dalla sua sofferenza, ha bisogno di un tempo di speranza per raggiungere il proprio equilibrio e andare avanti a testa alta nella vita”.

L’evento è stato arricchito, anche, dalla performance teatrale della Compagnia delle Rose composta dalle persone accolte nella CTA Maria Sanfilippo. A presentare i loro pensieri sulle donne sono stati anche i giovani e le bambine della scuola valdese

L’attivista Martina Riina ha scelto la parola anima. “E’ una parola piena di valore – dice Martina Riina – che, in questo momento storico buio, pieno di morte e violenza, sento molto forte perchè ci deve accomunare come essere umani”. Con la parola soglia l’insegnante Anna Bucca si racconta. “E’ una parola che mi richiama a un concetto – ha detto Anna Bucca – con cui ho a che fare ogni giorno. La soglia è il limite tra giustizia e la vendetta, tra chi è percepito come sano e chi come malato e tra chi è percepito come amico o nemico”. La parola di Yodit Abraha, mediatrice culturale è, invece, grazie. “Questa parola racchiude per me tanti significati e sfumature – afferma Yodit Abraha – che mi permettono di entrare in modo autentico in sintonia con l’altro”. Commovente è stato il momento in cui Yodit ha raccontato la sua amicizia con la giovane mediatrice culturale Lucia Pepe, morta prematuramente.

Come ospite del polo di accoglienza per le persone senza dimora Martin Luther King Martina si è fatta portavoce di alcuni pensieri sulle donne elaborati dalle persone accolte nel centro. Tra le insegnanti Cristina Deleo ha citato la parola presenza. “Una donna non può che essere presente – ha detto Cristina Deleo – perchè ci sarà sempre e non abbandonerà nessuno. Personalmente, vivo la scuola come una presenza fortissima nel territorio perchè da questa passano tutti e tutte”.  Anche la predicatrice valdese Greetje Van Der Veer ha dato il suo contributo, scegliendo la parola zaino. Il nostro bagaglio non è il cervello ma il nostro cuore – ha detto Greetje Van Der Veer -. Nel nostro zaino dobbiamo sempre mettere tutto ciò che abbiamo vissuto”. Infine, la conclusione è stata affidata all’arcivescovo don Corrado Lorefice. “Sono molto grato a tutte voi per la grande ricchezza che mi avete trasmesso – ha affermato mons. Corrado Lorefice -. Siete donne in- visibili e cioè visibili dentro la concretezza della vostra vita. Insieme, nella diversità delle storie, siamo sguardi e visi che si riconoscono reciprocamente. Grazie a tutte perchè, ognuna di voi, ha fatto emergere tutta la sua bellezza e grande potenza creativa”.

spot_img

Leggi anche

spot_img
spot_img

Ultime notizie

spot_img

Twitter

spot_img