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mercoledì, 5 Marzo 2025
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Agrigento capitale della cultura 2025: viaggio nella Valle dei Templi, tra fasti del passato e prospettive future

Secondo appuntamento con la nostra rubrica fotografica #RiflessidiSicilia. Vi portiamo in uno dei luoghi più suggestivi della cultura greca in Sicilia, in occasione di una circostanza rilevante a livello nazionale

Yuri Testaverde
Yuri Testaverde
Ha studiato Scienze Politiche all'Università La Sapienza di Roma. Impegnato nel mondo sociale, è stato membro attivo di diversi progetti in ambito socio-politico tra Roma e Palermo, dove ha curato le pubbliche relazioni per il network RenUrban. Dal 2018 collabora con il mensile Cntn e, da ottobre 2020, con "Il Mediterraneo 24"
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AGRIGENTO. Con l’importante nomina di Agrigento a capitale italiana della cultura 2025, la città, che ha presentato una candidatura che si estende territorialmente ai comuni della sua provincia e tocca anche l’isola di Lampedusa, si sta attivando per farsi trovare pronta a questo appuntamento unico col futuro. Un futuro che non può che provenire dal passato, nel caso specifico dalla Valle dei Templi.
La Valle dei Templi è stata inserita nel 1997 tra i patrimoni mondiali dell’umanità nella lista stilata dall’UNESCO, mentre il Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento è stato istituito con una legge regionale nel 2000 e, con i suoi 1300 ettari, è il più grande parco archeologico d’Europa e del Mediterraneo.

La nascita della polis di Agrigento (Akragas) è legata allo sviluppo della polis Gela: la città, infatti, fu fondata nel 580 a.C. da alcuni abitanti di Gela, originari delle isole di Rodi e di Creta. Fu un centro urbano molto importante, sia economicamente che politicamente. Dalla fine del VI sec. a.C. vengono costruiti gli imponenti templi dorici che definiscono una vera e propria cinta sacra. I grandi templi testimoniano la prosperità della città. L’espansionismo militare di Akragas ebbe particolare impulso al tempo del tiranno Terone (488-473 a.C.) e della vittoria sui Cartaginesi. Seguì un periodo di rivalità con Siracusa. Dopo la fine della tirannide la città avvia un ordinamento democratico e avviando i cantieri del Tempio di Giunone e del Tempio della Concordia, esempi fondamentali nella storia dello sviluppo dello stile dorico in ambito coloniale. Sono gli anni in cui vive ed opera il filosofo Empedocle, che precedono l’invasione delle truppe cartaginesi, che distruggeranno la città nel 406 a.C

Dopo il saccheggio da parte dei Cartaginesi, seguì un periodo di decadenza della città, che comunque fu ricostruita. Dal 262 a.C. Agrigento entrò nel dominio romano, restando tuttavia una città importante. In periodo romano, nella città, ormai denominata Agrigentum, furono costruiti nuovi edifici pubblici, fra cui almeno due tempietti, il teatro ed il bouleuterion. Durante la conquista musulmana delle popolazioni arabe, berbere, spagnole, egizie, sire e persiane, avvenuta fra l’829 e l’840 d.C., sembra che le popolazioni si siano ritirate sul colle di Girgenti (dall’arabo Gergent o Kerkent), dove in seguito si sarebbe sviluppata la città medievale e moderna. A partire dal VII secolo, dunque, la città si impoverì e si spopolò ed il centro urbano si ridusse alla sola collina dell’acropoli, venendo così abbandonate sia l’area urbana, che la zona dei templi.

Il complesso della Valle dei Templi è composto da: Tempio di Giunone, Tempio della Concordia, Tempio di Asclepio, Tempio di Ercole, Tempio di Giove, Tempio dei Dioscuri, Tempio di Vulcano, Tempio di Demetra, Tempio di Atena. E poi il Santuario delle divinità Ctonie, il Santuario Ellenistico-Romano, la Tomba di Terone, le Necropoli Romana e Paleocristiana, ipogei, fortificazioni, l’Agorà Inferiore e l’Agorà Superiore, l’olympeion, un Bouleuterion, L’Ekklesiasterion, il Museo Archeologico Regionale “Pietro Griffo” e, ultima scoperta in ordine cronologico, il teatro. Il Parco ha, fra i suoi compiti, la tutela e la valorizzazione del paesaggio storico della Valle.

Il patrimonio paesaggistico del Parco, dal punto di vista naturalistico ed agricolo, è vario e di straordinaria bellezza, frutto della commistione fra elementi naturali originari e l’azione millenaria dell’uomo. A mandorleti e uliveti, si aggiungono, nelle zone più fertili, i vigneti per la produzione di uva da vino. La vite, l’olivo e il grano appartenevano già al paesaggio della città greca, arricchito nel corso dei secoli successivi da specie provenienti da altri paesi e continenti in un lento processo di diversificazione del paesaggio. All’interno del Parco oggi si ammirano ulivi, mandorli, viti, pistacchi, agrumi, fichi domestici e fichi d’india, alberi da frutta e piante ornamentali. Già nel 1997, il mandorlo, che – con la sua precoce fioritura – è una delle maggiori attrattive turistiche di Agrigento,  è stato oggetto di salvaguardia grazie alla creazione del “Museo Vivente del Mandorlo”, un mandorleto che conserva circa 300 varietà tradizionali di mandorlo.

Il parco nel 2005 ha registrato il marchio Diodoros al fine di commercializzare le sue produzioni agricole, attraverso il partenariato con aziende del territorio di altissimo profilo qualitativo. Il vino e l’olio a marchio Diodoros costituiscono uno dei fiori all’occhiello delle produzione del Parco, sfruttando i vigneti e gli uliveti posti tra il tempio di Giunone, il tempio della Concordia e il resti dell’antica Akragas.

Una vera oasi naturalistica all’interno del Parco è il Giardino della Kolymbethra, antico bacino artificiale, costruito per volere del tiranno Terone, divenuto poi, in periodo medievale, un fertile orto-frutteto. Quando si aggiunsero gli agrumi, prese la denominazione di “giardino”, così come si usa chiamare in Sicilia gli agrumeti tradizionali per sottolineare l’utilità e la bellezza che essi racchiudono. Oggi, in seguito ad un complesso intervento di recupero ambientale, il prezioso contesto è stato restituito al suo antico splendore dal FAI (Fondo Ambiente Italiano), che gestisce il sito in virtù di una concessione venticinquennale.

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