di Antonella Lombardi
PALERMO
In Italia, in media, viene sciolto per mafia un Comune al mese. È il calcolo impietoso stimato da ‘Avviso Pubblico’ nel monitoraggio durato un anno e mezzo e che conta 18 enti locali sciolti dal primo gennaio 2022 al 30 settembre 2023. La Sicilia è terza, con 92 amministrazioni coinvolte, 15 delle quali commissariate almeno due volte, mentre negli ultimi 18 mesi sono stati tre i comuni sottoposti ad amministrazione straordinaria: Castiglione di Sicilia, Palagonia (Catania) e Mojo Alcantara (Messina). Questi, ed altri dati, sono contenuti nel dossier di Avviso Pubblico appena presentato e battezzato ‘La linea della palma’, citando la celebre profezia di Sciascia, secondo la quale “Forse tutta l’Italia sta diventando Sicilia… e questa linea sale come l’ago di mercurio di un termometro, ed è già oltre Roma”. Non a caso il report presenta una sezione specifica sui decreti di scioglimento nelle regioni del centro-nord, dove la ‘Ndrangheta ha cercato di infiltrarsi e ramificare i propri interessi occupando ogni spazio disponibile, complice un’attenzione mediatica bassa. I dati confermano comunque una tendenza costante negli ultimi 32 anni: dal 1991 al 30 settembre 2023 sono stati 383 i decreti di scioglimento in ben 11 regioni, di cui sei collocate nell’area centro settentrionale del Paese. 280 hanno riguardato consigli comunali e in 6 casi ad essere commissariate sono state pure Aziende Sanitarie Provinciali.
Emblematica, in questo senso, è l’attenzione delle mafie per il controllo di appalti e lavori pubblici: ciò avviene sia per le risorse economiche che essi generano, sia per l’opportunità di controllare interi segmenti delle filiere, dal lavoro alla fornitura di materiali, con quel che ne consegue in termini di radicamento sul territorio e di arricchimento. Seguono il settore dei tributi, il servizio di igiene urbana, e quello relativo a concessioni demaniali/spiagge. Dalle relazioni prefettizie prese in esame dal dossier di Avviso Pubblico emerge anche il coinvolgimento dei clan nelle campagne elettorali: la ‘longa manus’ della mafia cerca in ogni modo di consolidare rapporti con le future amministrazioni. Ad agevolare le infiltrazioni mafiose è il generale disordine amministrativo: l’assenza di una “precisa linea di demarcazione tra funzioni di indirizzo politico e funzioni gestorie – si legge nel rapporto – come avvenuto ad Anzio, Neviano, Mojo Alcantara, o i casi in cui il sindaco stesso è il dominus della vita politica locale assommando a sé la quasi totalità delle funzioni (es. Portigliola, Soriano Calabro)”.
Pochi i controlli nel settore degli appalti: tra i casi più emblematici, quelli di Portigliola, Castiglione di Sicilia, Mojo Alcantara e Palagonia in cui, al momento dell’insediamento della Commissione d’accesso, nessun dipendente dell’Ufficio Tecnico era in possesso delle credenziali BDNA. Inoltre, l’artificioso frazionamento dei bandi di gara, il ricorso frequente ad affidamenti diretti, la violazione del principio di rotazione tra le aziende, la pubblicazione tardiva o incompleta e per un lasso di tempo molto breve dei bandi pubblici sul sito del Comune sono gli indicatori dei livelli di inquinamento della vita amministrativa negli enti sciolti per mafia.
“Nessuna regione può più dirsi affrancata dagli interessi delle organizzazioni criminali. L’azione repressiva è fondamentale, ma non basta – ha detto il presidente di Avviso Pubblico, Roberto Montà – Il prossimo anno andranno al voto il 46% dei Comuni italiani. In vista di questo importante e delicato appuntamento, il nostro compito di amministratori, quello dei cittadini e soprattutto quello della politica a tutti i livelli, è quello di alzare le antenne e mettere in campo azioni concrete per prevenire e contrastare quei rapporti torbidi che finora hanno condizionato molte amministrazioni. Se non può esistere una mafia senza rapporti con la politica, può e deve esistere una politica senza alcun rapporto né con la mafia né con i sistemi corruttivi”.