PALERMO. L’impegno di una vita contro la mafia, il suo rapporto professionale con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Teresa Principato, già Procuratrice aggiunta a Palermo e componente della Direzione Nazionale Antimafia ne parla nella sua autobiografia presentata, nei giorni scorsi, nella Sala delle Capriate di Palazzo Steri, dal titolo “Siciliana”.
Alla presentazione del libro, oltre all’autrice, sono intervenuti Massimo Midiri (Rettore dell’Università degli Studi di Palermo), Giovanna Fiume (Professoressa Ordinaria di Storia Moderna UniPa) e Giovanni Fiandaca (già Professore Ordinario di Diritto Penale UniPa).
L’infanzia di Principato
Principato, nota soprattutto per essere stata a capo per ben otto anni del pool preposto alla ricerca di Matteo Messina Denaro, ripercorre nel volume la sua intera storia, a partire dall’infanzia vissuta a Naro, in provincia di Agrigento. Una storia – quella della famiglia di origine di Principato – comune a tante donne siciliane: fatta da un padre che voleva che la figlia si facesse valere proprio come se fosse un uomo e da una madre anaffettiva, le cui attenzioni doveva fare di tutto per catturare.
L’autrice nel volume racconta la lotta alla criminalità organizzata dalla sua peculiare prospettiva non solo di magistrata, ma anche (e, forse, soprattutto) di donna e di siciliana nata negli anni Cinquanta nell’entroterra siculo, in un contesto intriso di patriarcato, che dapprima tende ad assecondare, per poi discostarsene del tutto.
L’esperienza con Falcone e Borsellino
In un ordinamento come quello italiano, in cui l’accesso alla magistratura per le donne viene ammesso solo a partire dal 1963, l’esperienza di Teresa Principato come donna in prima linea contro la mafia è colma di significato. Significativo il suo lavoro a Palermo al fianco di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, più volte ricordati anche in diversi episodi di vita quotidiana tanto nel libro quanto nella presentazione allo Steri. Fra tutti Principato ha raccontato la telefonata che fece a Falcone per manifestargli la sua solidarietà dopo il fallito attentato all’Addaura: «Addirittura alcuni colleghi dicono che l’attentato me lo sia fatto da solo», confessò alla collega, rendendole manifesto il clima di solitudine in cui si trovava a operare.
La barbara uccisione dei due giudici avviene in un clima di veleni anche interno al Palazzo di Giustizia da cui nemmeno Principato viene risparmiata: l’autrice non lesina critiche ai vari Procuratori succedutisi nel tempo, per essere stati troppo prudenti in fasi investigative che avrebbero richiesto maggiore rapidità nell’azione, per una maggiore efficacia nel contrasto a Cosa nostra.
«La storia della migliore magistratura italiana»
Giunta a Trapani, per Teresa Principato si intensifica l’impegno nella caccia a Matteo Messina Denaro a cui, com’è noto, si è giunti solo a gennaio 2023. Le piste investigative da lei seguite venivano puntualmente fatte sfumare nel nulla a causa di ordini superiori e il super boss continuava a rimanere sotto gli occhi delle istituzioni, senza magicamente essere visto.
La carriera quarantennale di Teresa Principato è stata degna di essere definita da Antonino Di Matteo, nel corso del plenum del Consiglio Superiore della Magistratura, quella di una «rappresentante della storia della migliore magistratura italiana dopo il 1992». Per questo la presentazione del libro ha visto la partecipazione anche di alcuni studenti del Corso di Laurea in Giurisprudenza, che a margine dell’iniziativa hanno avuto la possibilità di soffermarsi con Principato.
Ma la storia di Principato, oggi, è comunque quella di una delle più impegnate lottatrici contro la ferocia di Cosa Nostra: una storia degna di essere raccontata, letta e riconosciuta con la massima gratitudine.