Il tempo. Che strana cosa, il tempo. Il tempo, su questa terra. Che sappiamo essere finito, senza tregua, scappatoie, seppur possa far spazio, e abbia fatto spazio, a uomini d’eccezione, innamorati di Dio e dei suoi figli più indifesi e indigenti, come fratel Biagio Conte, fondatore di missioni per i poveri a Palermo ed evangelizzatore intrepido nel mondo.
Biagio, il 16 settembre, avrebbe compiuto sessant’anni. Il giorno dopo il compleanno di un altro uomo d’eccezione, padre Pino Puglisi, che di anni il 15 di settembre di quest’anno ne avrebbe fatti ottantasei.
Quella che potremo definire una “Dio-incidenza” (ossia, un’incidenza non casuale) ha voluto – ha raccontato, nella santa messa alla Cittadella del Povero e della Speranza di via Decollati, 29, a Palermo, don Pino Vitrano – che Biagio e padre Pino si incontrassero, per la prima e ultima volta, proprio la mattina del 15 settembre 1993, negli uffici del Comune, dove entrambi, accompagnati, erano giunti per chiedere dei locali per i poveri.
“Guarda chi c’è” disse pressappoco Biagio al proprio interlocutore: “Padre Pino Puglisi!”. “Quel ragazzo è Biagio Conte!”, disse, pressappoco, don Puglisi al suo. Riconosciuti, si sono salutati e abbracciati, con stima.
Solo dopo qualche ora… l’attentato e uccisione “in odio alla fede”, per mano mafiosa, del parroco di Brancaccio. E il giorno dopo, il missionario laico Biagio Conte, che da pochi mesi aveva occupato i locali di via Archirafi e ne chiedeva, con grand’animo, l’assegnazione, compiva trent’anni.
Quell’insana pallottola ha interrotto, dunque, e anzitempo, la possibilità per i due di collaborare insieme, ma ha rappresentato forse l’ideale staffetta per il percorso sempre più solidale di fratel Biagio.
D’allora, sono passati altri trent’anni e, in tutto questo “tempo”, quanti doni don Pino e Biagio hanno fatto al mondo? Doni di conversione, riflessione, accoglienza per i più deboli, grande amicizia.
Doni che richiedono, adesso, cura, per chi resta, vicinanza nel dolore, speranza nelle tribolazioni, e fiducia nella “vita ultraterrena” che, attesa, non toglie importanza alla “vita mondana” su questa terra di Sicilia “disgraziata ma bellissima” (cit. Paolo Borsellino, anch’egli ucciso per mano mafiosa e uomo di grande fede), in cui, in tanti o, meglio, tutti, cercano la propria strada, e la propria, personalissima, missione da compiere.