PALERMO. “ …Se da un Percorso per le competenze trasversali e l’orientamento ci si attende non tanto l’incremento di conoscenze, quanto l’opportunità di partecipare attivamente alla loro costruzione facendo luce sui bisogni e le opportunità del contesto territoriale di appartenenza, si può senza esitazione affermare che il progetto calibrato sulla vostra classe ha raggiunto i suoi obiettivi”. E’ quanto sostenuto dalla nostra professoressa di storia, Chiara Barraco, che ci ha accompagnato in un itinerario conclusosi a Brancaccio, grazie al sostegno della preside, Cinzia Citarrella, del liceo G.Meli e alla guida instancabile del professor Domenico Ortolano, tutor esterno e Presidente dell’Associazione Castello e Parco di Maredolce.
I Percorsi per le Competenze Trasversali e Orientamentο (PCTO) sono stati spesso criticati all’interno delle scuole per l’impegno richiesto agli studenti anche in orari extracurriculari, per le attività non sempre attinenti ed utili alla propria formazione e, talvolta, per l’assenza di sicurezza in cui le stesse sono state svolte. Noi, ragazzi della classe III del corso International Spanish, abbiamo avuto fortunatamente l’occasione di sfruttare le potenzialità di tale attività obbligatoria all’interno del curriculum di studi, per comprendere meglio cosa significa rintracciare uno “stile arabo-normanno” attraverso la ricerca storica. L’opera dell’associazione ha rappresentato una risorsa fondamentale per il recupero del patrimonio artistico di Palermo; inoltre, continua a svolgere la sua opera di divulgazione delle conoscenze acquisite nel territorio: il prof. Ortolano ha saputo coinvolgere noi studenti e richiamare insistentemente il nostro interesse trasportandoci in un passato in parte sconosciuto, cosicché ci siamo ritrovati a fare i turisti della nostra stessa città. Le Cattedrali di Palermo, Monreale e Cefalù, la Chiesa della Martorana o il Castello della Zisa sono infatti solo alcuni siti, quelli più conosciuti, che testimoniano la convivenza di culture e maestranze diverse nella costituzione dello stile arabonormanno. Nel corso di tre uscite abbiamo invece visitato monumenti e luoghi altrettanto centrali in riferimento alla storia di Palermo, sebbene ubicati in zone periferiche.
La Chiesa San Giovanni dei Lebbrosi, probabilmente il monumento normanno più antico di Palermo, adattato nel corso degli anni a diverse funzioni, da ospedale militare a lebbrosario, nasce dalle ceneri dell’antico castello arabo di Yahya, per cui è emblematica proprio la sovrapposizione di siti di diverse età storiche.
Completato per volontà di Ruggero II nel 1131, il Ponte dell’Ammiraglio, che favoriva l’entrata e l’uscita dalla città in prossimità della via militare per Messina, é il più antico Ponte di pietra che sia stato costruito dopo la caduta dell’Impero Romano. Il fatto che ancora oggi, a distanza di quasi dieci secoli, sia possibile percorrerlo, ammirandolo anche dai giardini sottostanti che hanno preso il posto delle acque deviate del fiume, ci sorprende e ci fa riflettere sull’efficienza di un’opera di ingegneria medievale che, rallentando i flutti irruenti del fiume Oreto, è riuscita a preservarsi dall’azione di agenti atmosferici, alluvioni, terremoti e guerre, usufruendo di interventi di restauro e, dal 2015, della protezione dell’Unesco come patrimonio dell’umanità.
Il Castello di Maredolce sorgeva sul Parco della Favara (dall’arabo, “sorgente d’acqua”), in quella via che porta il nome dell’emiro dei kalbiti, Giafar, che vi aveva costruito una dimora di cui si scorgono ancora i primi strati di basamento nella parete esterna e tracce originarie del primo luogo di culto. Ruggero II, re normanno di Sicilia, vi realizzò successivamente un sollazzo regio, circondato per tre lati dall’acqua e dalla fauna di un lago artificiale, di cui sono state rinvenute parti di antiche pavimentazioni impermeabili. Vi era un lussureggiante giardino, con agrumeti nell’isolotto al centro della peschiera, che venivano illuminati dai riflessi delle acque. Esso, comunemente chiamato “Castellaccio”, dando il nome al vicolo omonimo, fu progressivamente abbandonato all’incuria nel corso dell’800 e, nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale, occupato abusivamente con dimore per persone e animali, andando incontro ad un assoluto degrado anche per la alterazione della struttura architettonica originaria. Da questa realtà è nata nel 1999 una Associazione di volontariato che, contrastando le resistenze locali e sollecitando l’intervento delle istituzioni, ha avuto il grande merito di restituire alla città il monumento recuperato alla sua bellezza e inserito nelle tappe dei percorsi arabonormanni. Sicuramente necessita ancora di attenzione e cura, per cui abbiamo con piacere appreso l’inizio di nuovi interventi di restauro e manutenzione dopo quelli attuati dalla Soprintendenza per i Beni Culturali della Regione Sicilia nel 2007. Per il recupero, la pulizia e la manutenzione delle aree verdi attorno al monumento normanno è stata inoltre firmata una convenzione tra la Soprintendenza e alcune cooperative sociali: sarebbe una grandissima occasione di riscatto se si riuscisse a ridare splendore ai sei ettari del Parco della Favara, rendendolo forse il più grande spazio verde della città, nonché un’attrazione significativa per i cittadini di Palermo e per i turisti.
Le iniziative di promozione della cultura, svolte in questi anni, hanno sicuramente ridato notorietà ad un Palazzo che lo stesso Federico II di Svevia aveva destinato a luogo d’incontro di eruditi, poeti, artisti, in una sede lontana dai centri amministrativi ed in un clima di accoglienza di diverse confessioni religiose.
G.Comparato, C.Capodicasa, M.L.Corso, Liceo G.Meli di Palermo