MARETTIMO. Marettimo è l’isola più a ovest delle Egadi, facilmente raggiungibile da Trapani in aliscafo o traghetto. Si chiama così perché è l’isola tutta mare e timo, anche se personalmente trovo sempre e solo tanto rosmarino. Mai timo (sarò io che non lo riconosco?). Si viene accolti dalla natura selvaggia che esplode sotto gli occhi di chi approda sull’isola. Un piccolo centro abitato e poi tutto attorno come due parentesi che lo avvolgono sopra e sotto, il mare blu cristallino giù e le montagne verdissime e rigogliose sù, con altezza massima di Pizzo Falcone (686 m). Di certo se cercate bagordi e festini non è l’isola adatta, non è mondana e alla moda come Favignana, è un luogo dove contemplare la potenza della natura: fondali marini, boschi, cieli stellati.
Le antiche popolazioni di questa ristretta area del Mediterraneo (Fenici, Elimi, Sicani) le attribuirono il carattere di sacralità di cui ancora oggi si può godere. Secondo la teoria trapanese dell’Odissea (nata ad opera di Samuel Butler), Marettimo verrebbe a coincidere, dal punto di vista geografico, con Itaca, la patria di Ulisse. Sarebbe lo stesso eroe a indicarne la posizione.
Sono tanti i percorsi di trekking da potere fare in lungo e in largo per Marettimo, uno dei più affascinanti è quello a strapiombo sul mare per raggiungere Punta Troia e il suo castello con l’osservatorio sulla foca Monaca (al tempo degli spagnoli fu un carcere terrificante), ma si possono anche attraversare boschi di macchia mediterranea abitati da mufloni e altri animali selvatici. Come tanti e meravigliosi sono i posti dove è possibile fare il bagno al mare, anche se non esistono i lidi chiassosi, solo calette e scogli silenziosi. È perfetta per rigenerarsi lontani dallo stress cittadino e a stretto contatto con il creato.
L’unica parte abitata dell’Isola è il paese, è infatti poco antropizzata. Non serve la macchina per girarla tutta, d’altronde non ci sono neanche le strade, non è possibile portarla, è invece indispensabile fare un giro in barca con i pescatori del posto per apprezzarla completamente. Il giro in barca costa 30 euro e dura all’incirca tre ore, si visitano le tante grotte e calette ed è possibile fare il bagno in diversi punti del tragitto. Girando il paese a piedi è possibile imbattersi in tanti pescatori che sistemano le reti o le barche, e tanti cani, è un’isola dove ancora la pesca è una pratica viva e molto praticata, i cani sono invece cani da caccia.
C’è solamente un piccolissimo market, nessuna macelleria o pescivendolo, come souvenir autentico e certamente prodotto a Marettimo, il consiglio è di portare ad amici e parenti il miele di rosmarino o di erica (il fiore del rosmarino). Come isola non è cara, ci sono diversi ristoranti e in tutti si mangia abbastanza bene pesce fresco e pescato nel mare delle Egadi. Però, tra tutti i ristoranti il Veliero è certamente il migliore come rapporto tra qualità e prezzo. Per una rigenerante granita alla mandorla o gelsi ma anche il classico caffè o limone è possibile andare al bar Tramontana, per un cocktail all’aperitivo è d’obbligo una tappa a La Scaletta.
Marettimo venne paragonata a Itaca da Vincenzo Consolo nel 1993, che scrisse questo articolo:
“Nella terra dei Feaci, dov’era approdato solo, lacero, nella reggia di Alcino, l’ignoto naufrago Ulisse, sollecitato dal re, rivela la sua identità. “Io sono Odisseo, figlio di Laerte, noto agli uomini / per tutte le sue astuzie, / la mia fama va fino al cielo”, dice. E dice d’essere d’Itaca, che ad Itaca desidera ardentemente tornare, dopo tanti anni, dopo aver combattuto ad Ilio, dopo aver sofferto per mare tante peripezie, tanti disastri.
Tornare in quella sua patria, in quella isola chiara nel sole, aspra, pietrosa, ma che alleva giovani valorosi. E conclude, commosso: “Non c’è niente al mondo di più caro per un uomo che la propria patria“. Ed è vero questo per ogni uomo, per ogni ulisside di qualsiasi luogo, ma è ancor più vero, questo attaccamento al proprio luogo di nascita, alla propria terra, per ogni isolano.
L’isola, nel suo essere luogo separato e concluso, nel suo costringere gli uomini a vivere insieme, a conoscersi e a sentirsi ognuno parte degli altri, sembra che esalti questo sentimento dell’appartenenza, dell’identità. L’ho sentito questo senso dell’isola, in me stesso, l’ho constatato, attraverso la storia, negli abitanti dell’isola grande, della Sicilia, ma l’ho visto ancor più acuto e inestinguibile negli abitanti di piccole isole, negli ulissidi che per necessità di vita o per altre avventure se ne sono allontanati, l’ho visto negli abitanti delle Eolie ed in quelli delle Egadi.
L’ho visto negli abitanti dell’isola estrema, in questa aspra, luminosa, nutrice di avventurosi e valorosi uomini, in questa Itaca del Mediterraneo che è Marettimo. Visto in senso letterale, fissato cioè, lo straziante amore per la propria terra, sulla carta, nelle foto che cinque anni fa venivano a Marettimo esposte in una mostra dal titolo “Di qua e di là del mare”.
Le foto degli straordinari, unici credo, marinai marettimari che attraversando l’Atlantico andavano nella California del Nuovo Mondo a cercare, in quei mari e in quei fondali, fortuna, un avvenire più generoso per i loro figli. Abbiamo visto tutti quelle foto, abbiamo letto su quei volti in posa, l’amore per la famiglia lontana, l’amore per Marettimo, il desiderio in loro nei loro occhi, del ritorno nell’isola.
Sono tornato dopo cinque anni in quest’isola e vi ho ritrovato i giovani amici di sempre: Luigi, Vito, Nino… Ho ritrovato il loro forte senso dell’isola, della loro profonda appartenenza a questa terra, la tenace volontà in loro, attraverso l’Associazione C.S.R.T. “Marettimo”, di difenderla dagli assalti devastanti della speculazione e del cinismo.
In questo nostro tempo di perdita di identità, di smarrimento, di alienazione, la preziosa identità di Marettimo credo che sia un bene da difendere, da conservare”.