PALERMO. Si è concluso giorni fa a Palermo il Congresso regionale dell’Associazione Ginecologi Territoriali che ha posto l’attenzione sui Consultori familiari, un modello organizzativo a sostegno della complessità; e su alcuni dei grandi temi di attualità come la violenza di genere, la natalità, il precariato e la scelta di essere madri in un mondo sempre più complesso dove le pari opportunità spesso vengono meno.
Nel tempo le risorse per i Consultori sono sempre più limitate. Istituiti con la Legge 405 circa 50 anni fa rappresentano dei presidi fondamentali sui territori per la cura della donna, della famiglia, della coppia e dei giovani. E i suoi assi portanti, di prevenzione, consulenza e cura, non sono mai venuti meno.
Dichiara così Salvatore D’Amanti, segretario dell’Ordine dei Medici di Ragusa e segretario regionale di Agite, a proposito del potenziamento dei Consultori: “Figure di supporto essenziali potrebbero essere quella dell’operatore sociosanitario e del mediatore linguistico e culturale. Alcuni servizi andrebbero assicurati e seguiti nei Consultori e non in ospedale, se non nei casi di una gravidanza a rischio, per fare un esempio. Nella realtà in cui opero, a Ragusa, abbiamo realizzato ‘Il cerchio delle mamme’; dove le donne dopo aver partorito vengono supportate e assistite per tutte le problematiche di cui possono aver bisogno, dal puerperio all’allattamento, alla contraccezione. Investire sul territorio significa investire negli Ospedali. Tante pazienti non andranno più in un Pronto Soccorso, ma saranno seguite in Consultorio, in questo modo. Fondamentale che i servizi territoriali vengano potenziati”.
E a proposito di potenziamento sui territori parla Marylea Spedale, ginecologa, alla gestione dei 41 consultori familiari dell’Asp di Palermo (distribuiti negli 82 Comuni della provincia) e segretaria provinciale di Agite Sicilia, che al Congresso ha tenuto una tavola rotonda sulla valutazione dei risultati raggiunti con il progetto regionale “Trust your body and follow me”, che ha coinvolto gli studenti delle 9 province siciliane.
“Un progetto che ha restituito luce ai Consultori e ad uno loro impegno che negli anni si era perduto. Un progetto ministeriale, nelle 9 Asp della Sicilia, con cui siamo riusciti a riprendere i contatti con la fascia adolescenziale 14-18 anni, che con qualche difficoltà afferisce ai Consultori. Una fascia importante da intercettare viste le grandi problematiche sociali e di dipendenza verso sostanze stupefacenti che minano questo tessuto sociale. Siamo tornati, quindi, nelle scuole, abbiamo fatto numerosissimi Open day e molte aperture pomeridiane dei Consultori. A Palermo siamo andati anche nelle case di accoglienza dove c’è una fetta di popolazione giovanile fragile, per problematiche disfunzionali legate a situazioni familiari o altro”.
Un lavoro che a Palermo ha raggiunto circa 3000 tra ragazze e ragazzi. “Siamo riusciti a intercettare una serie di bisogni inespressi che hanno consentito a molte e molti di loro di intraprendere un percorso di sostegno all’interno dei Consultori. Percorsi totalmente gratuiti, ricordiamolo, con professionalità multidisciplinari. Abbiamo avuto un ritorno nelle strutture consultoriali, di ragazze e ragazzi, che prima non vedevamo. Hanno chiesto sostegno e aiuto per i bisogni più disparati: contraccezione, contraccezione di emergenza, li abbiamo messi nelle condizioni di riconoscere nel partner qualcosa che non andava o dei segni che all’apparenza per loro erano banali e invece erano suggestivi di una qualche forma di dipendenza affettiva o violenza che poi nel tempo si sarebbe potuta rappresentare maggiormente”.
Un progetto appena concluso che probabilmente verrà incardinato a livello istituzionale. “Ci hanno consentito di riappropriarci di una fetta di lavoro che in qualche modo si era dissolta. Il compito del Consultorio è per lo più preventivo. Quante ragazze che non sanno gestire una gravidanza indesiderata possono fare dei gesti inconsulti perché non sanno gestire il proprio corpo. Invece insegnare loro tutto quello che si può fare e anche quante tutele la legge offre loro per poterle prendere in carico, è importante. Attraverso l’informazione passa un segno di civiltà non indifferente. Svolgiamo un lavoro inclusivo e integrato, con la presa in carico della complessità, del singolo, della coppia, della famiglia, del minore”.
Su quanto importante sia riconoscere i segnali e intercettare i bisogni, parla Valeria Dubini, ginecologa e presidente nazionale di Agite. Al Congresso si è trattato il tema della violenza sulle donne.
“Un problema che ha ricadute importanti sulla salute delle donne. In quanto ginecologhe e ginecologi ci occupiamo della salute riproduttiva e possiamo individuare in loro il problema di dolore pelvico cronico: con una certa percentuale di endometriosi o altri tipi di patologie, che possono subentrare. Ma nel 40-50% dei casi questi problemi sono legati ad una storia di violenza o abuso, quindi, può essere un terreno sul quale indagare.
L’11,8% di donne in gravidanza subisce violenza e questo comporta delle ricadute importanti sul decorso della gravidanza, sul feto, sulla donna stessa. Dovremmo fare delle domande alle donne che seguiamo, senza paura, perchè abbiamo una responsabilità verso la loro salute. Nelle nostre strutture abbiamo già scelto domande molto semplici: “Avete deciso insieme la gravidanza?”, “Lei si sente sicura nel suo rapporto?”, “Avete mai avuto delle discussioni in cui ha avuto timore?”.
Un altro segnale sono le interruzioni di gravidanza anche ripetute perché un partner abusante può utilizzare quello che gli americani chiamano “boicottaggio contraccettivo”, per dominare la persona che hanno accanto.
“Ci sono patologie croniche come la fibromialgia, la cefalea, dei disturbi sessuali, disturbi psichiatrici. La ricerca OMS ci fa vedere che il rischio di tentato suicidio è quattro volte superiore nelle donne che vivono una condizione di violenza.
Tra i temi trattati al Congresso di Agite c’erano anche i vaccini, i supporti e i trattamenti per guarigione da papilloma virus, la violenza sulle donne, ma anche la medicina di genere. Anche la natalità e la scelta dell’essere madri: “È necessario non far ricadere tutto sulle donne – conclude Dubini -, è una decisione che viene presa dalle coppie che ha a che fare con contesti sociali e supporti, oggi molto pochi, e con lavori sempre più precari e sottopagati”.