PALERMO. Nel tardo pomeriggio del 7 ottobre 1986, nel quartiere di San Lorenzo, a Palermo,quando è ancora giorno, un uomo a bordo di una moto di grossa cilindrata spara in pieno viso a Claudio Domino, un bambino di soli 11 anni che stava percorrendo i pochi metri che separano casa sua dalla cartolibreria dei suoi genitori. Quasi 35 anni dopo, non è emersa una verità processuale su questo omicidio. Dopo alcune rivelazioni di inchieste giornalistiche, si riaccendono i riflettori sulla vicenda. E i genitori, che non hanno mai smesso di chiedere giustizia, sono tornati a bussare alle porte del Tribunale di Palermo. Al loro fianco tanti giovani.
Il mistero sull’assassinio del piccolo Claudio
L’impresa di pulizie che si era aggiudicata l’appalto per l’aula bunker in cui si stava svolgendo il maxiprocesso apparteneva proprio alla famiglia Domino: da subito venne seguita questa pista, insieme a quelle secondo cui il bambino sarebbe stato testimone dello scambio di una partita di droga o di un sequestro di persona. Di fatto, però, non si giunse mai a una verità né sul movente né su esecutori e mandanti. Questa la situazione fino allo scorso 5 maggio, quando, nel corso di una trasmissione su La 7, il giornalista Lirio Abbate e il Procuratore capo di Lagonegro Gianfranco Donadio parlano inaspettatamente del piccolo Claudio. In particolare, Abbate afferma che il pentito nisseno Luigi Ilardo nel 1995 avrebbe dichiarato che al piccolo Domino abbia sparato Giovanni Aiello, meglio conosciuto come “Faccia da mostro”. Un poliziotto “infedele” che sarebbe coinvolto anche, tra gli altri, negli omicidi di Nino Agostino, Piersanti Mattarella e Ninni Cassarà, ma deceduto nel 2019. Tuttavia, di questa ricostruzione la famiglia Domino è stata finora all’oscuro. Così già il giorno dopo la trasmissione la signora Accetta si era recata al Palazzo di Giustizia cercando chiarimenti dal Procuratore generale della Corte d’Appello di Palermo, Roberto Scarpinato. Ma attualmente – riferisce la donna – senza esito.
Giovani e associazioni accanto alla famiglia Domino
Da qui la volontà della signora Domino di ripresentarsi una settimana dopo davanti al Palazzo di Giustizia: questa volta però non era da sola, perché al suo fianco ha trovato l’associazione “AmUnì”, che ha chiamato a raccolta altre realtà giovanili palermitane, come “GIÀ-Giovani insieme adesso” e “Contrariamente-RUM”. L’associazione “AmUnì” aveva da poco svolto un incontro in un liceo di Paternò con la signora Accetta: «Siamo rimasti trasecolati all’apprendere che la famiglia Domino avesse saputo di rivelazioni che li riguardassero in prima persona solo dai media: non potevamo permetterci di lasciare da sola questa famiglia».
«Occorre un’informazione celere alla famiglia riguardo a sviluppi tanto rilevanti nelle indagini – aggiunge Luigi Dell’Aira, membro fondatore dell’associazione “GIÀ” – affinché non si venga più a conoscenza di essi da una trasmissione televisiva».
Gli fa eco Emanuele Incarbone, coordinatore di “Contrariamente-RUM”: «La situazione che si è venuta a creare è davvero raccapricciante e la nostra presenza è volta a manifestare tutto il nostro disappunto. Dinanzi a tutto ciò le istituzioni non possono restare sorde e cieche, ma devono piuttosto infondere sicurezza ai propri cittadini, a una madre e a un padre affranti che cercano giustizia, verità e, soprattutto, chiarezza da 34 anni».
Al sit-in hanno partecipato molti altri familiari di vittime di mafia. Tra loro, Vincenzo Agostino, Luana Ilardo, Carmine Mancuso, Massimo Sole e Luciano Traina. Ma erano presenti anche altre realtà, quali il movimento delle “Agende rosse”, le “6000 Sardine”, “Scorta civica” e “Our voice”.
Dopo il sit-in, fissato l’incontro con il procuratore capo Lo Voi
Dopo più di tre ore di presidio, la famiglia è stata informata del fatto che entro qualche giorno sarà ricevuta dal Procuratore capo Francesco Lo Voi. Da parte loro, le associazioni giovanili hanno auspicato che le promesse siano mantenute. Hanno assicurato anche ai genitori di Claudio Domino che “sono e saranno al loro fianco”, perché “siano assicurate verità e giustizia a un bambino che è stato privato della possibilità di costruirsi un futuro”.