“Ora sotto l’albero è ancora altitudine
è resuscitare la voce alla radice e per
essere luogo farsi luogo per essere
mezza viva non farsi viva mai più
tanto l ‘aldilà lo vedi? è nell’aldiquà“.
Sono alcuni versi. Le parole, come le altre che compongono versi, trovano il posto, che gli è proprio tra le pagine del libro. Se ne stanno una accanto all’altra, non una qualunque accanto ad un’altra qualunque, ma quella parola scelta accanto a quell’altra parola, scelta anch’essa. Ne viene suono, ritmo, silenzio.
Ed è poesia, la poesia di Maria Grazia Insinga.
Sarà la poetessa siciliana, docente di Pianoforte presso l’istituto Giovanni Paolo II di Capo d’Orlando, membro del Comitato di letture di Anterem edizioni e della giuria del Premio di Poesia e Prosa Lorenzo Montano, a presentare il suo “A Sciame”, Arcipelago Itaca edizioni, il prossimo 14 dicembre presso il Complesso Monumentale di Sant’Antonino dell’Università di Palermo.
Ad introdurre l’incontro Luisa Amenta Prorettrice al diritto allo studio e all’innovazione e Maria D’Agostino, Direttrice Scuola di Lingua italiana per Stranieri. Ad intervenire Stefano Jossa, Anna Negri, Franca Alaimo, Margherita Ingoglia e Vincenzo Pinello, Ricercatore di Linguistica italiana e presidente di Laboratorio Somiglianze, associazione impegnata nella organizzazione e promozione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale. Molti i giovani che si raccoglieranno attorno alla poetessa, soprattutto studenti di Lingua e testualità del corso di Laurea in Lettere, per ascoltare i versi letti che saranno letti da Alessandra Pizzullo e Noemi Scaffidi.
“L’idea, e poi il progetto, di dedicare attenzione anche pubblica a questo libro – così Pinello – proviene direttamente dalle sue pagine, senza mediazione. Infatti né io né nessun altro di Laboratorio Somiglianze conosciamo personalmente Maria Grazia (ci siamo incrociati a una presentazione alcuni mesi fa). Però abbiamo avuto la fortuna di avere tra le mani e di leggere i suoi due ultimi libri. Prima “Tirrenide”. Poi questo“ A sciame”. E io gli amici e le amiche che hanno condiviso con me la lettura siamo rimasti fulminati: un libro bellissimo e importante, tra i più intensi di questi anni. Una ricezione del testo sulla quale all’interno di Laboratorio Somiglianze si è subito creata adesione e condivisione”.
Nell’opera le parole hanno ciascuna il proprio spazio e nella riunione di ogni singola composizione si fanno “sciame”, così da titolo. “Come api, fondano la loro colonia – dice Maria Grazia Insinga – linguistica e umana. La parola poetica è capace di generazione e di rigenerazione, riappropriazione identitaria e territoriale. Da essa attendiamo una colonia nuova che sostituisca quella che oggi risulta incapace di bellezza; una colonia della condivisione, dell’alterità”.
Quindi la poesia, sciame di parole scelte, è politica. “Anch’essa – continua Maria Grazia – è chiamata a riprendersi il potere enorme di costruire un nuovo luogo, dove gli uomini siano in grado di comprensione e attenzione nei confronti dell’altro. Un luogo che riparta dalla parola universale del linguaggio dell’uomo – “eh?” – che secondo alcuni linguisti olandesi dell’Istituto Max Planck di psicolinguistica a Nijmegen (Olanda) rappresenta uno strumento indispensabile nella comunicazione perché permette di comprendere meglio ciò che l’altro sta cercando di dire. Dunque, la comunicazione umana ha in sé il germe musicale dell’interrogazione e nasce dal desiderio di comprendere”.
Lo sciame poetico di Maria Grazia Insinga, che è alla sua sesta pubblicazione in versi – sue poesie sono state tradotte in romeno, francese, inglese, spagnolo e russo – nel suo sperimentalismo è ricerca continua della parola, del suo suono e del suo silenzio.
È iancura. “Quando, all’orizzonte dell’arcipelago eoliano – spiega così – il celeste del mare calmo si confonde con quello del cielo abbiamo la “iancura”, un’illusoria unità visiva, quasi un ritorno all’informe, al sinestetico tempo primo delle origini come se fossimo immersi di nuovo nella dimensione neonatale, come se il paesaggio ingoiasse sé stesso. Nella mia scrittura, i versi non possono essere segmentati in base alla metrica tradizionale, ma devono essere letti ad alta voce e “ingoiati” interi. Ecco perché la punteggiatura è totalmente assente, ecco perché la mia è una scrittura che va letta ad alta voce per recuperare quel suono venuto meno nella dimensione plumbea della pagina scritta.
Come “un’immersione – ribadisce Pinello – in un mondo parallelo abitato da esseri e da sostanze primordiali ma tutto lì pronto ad emergere, fino ad ogni risvolto di verso, in una potente appartenenza al contemporaneo”. Ed è il contemporaneo, strafatto di fake, di parole vuote e di altre appicicaticce o ancora di facile consumo, che chiede poesia. “La poesia – ed è questo il senso dell’incontro del 14 dicembre come chiarito dal presidente di Laboratorio Somiglianze – è il rispetto per la parola e quindi per i referenti: gli essere viventi, le cose, i sentimenti. Inoltre, la capacità di sapere ascoltare il silenzio. La poesia è la più alta possibilità di riconoscere significato al silenzio, anche grazie alla sua vocazione ritmica, a volte addirittura percussiva. Uno dei più grandi poeti viventi, Milo De Angelis, nelle prime pagine di “Poesia e destino,” rifacendosi all’induismo, scrive: “non il silenzio tra due note ma il silenzio delle due note”. Ecco, a me pare che tutto questo, rispetto per la parole e significazione del silenzio, sia un grande atto di amore verso il mondo”.