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mercoledì, 5 Marzo 2025
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Migrazioni e confini: Del Grande racconta “Il secolo mobile”

Il giornalista, documentarista e scrittore in un libro riflette sulla "storia dell'immigrazione illegale in Europa"

Serena Termini
Serena Termini
È nata il 5 marzo del’73 e ha tre figli. Dal 2005 è stata la corrispondente dell'agenzia di stampa nazionale Redattore Sociale con cui oggi collabora. Da sempre, ha avuto la passione per la lettura e la scrittura. Ha compiuto studi giuridici e sociologici che hanno affinato la sua competenza sociale, facendole scegliere di diventare una giornalista. Ciò che preferisce della sua professione è la possibilità di ascoltare la gente andando al di là delle prime apparenze: "fare giornalismo può diventare un esercizio di libertà solo se ti permettono di farlo".
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PALERMO – Con un titolo molto veritiero, dopo dieci anni di ricerca sul campo e tre anni di studio sull’immigrazione, arriva il libro di Gabriele Del Grande Il secolo mobile. Storia dell’immigrazione illegale in Europa. “Cent’anni fa non esistevano passaporti, i confini erano aperti e si viaggiava senza permessi né lasciapassare – dice Gabriele del Grande -. Oggi, al contrario, il regime dei visti di Schengen vieta di entrare legalmente in Europa alla maggior parte dell’umanità: ovvero ai ceti popolari e prevalentemente non bianchi dei paesi a medio e basso reddito di Africa, Asia e Caraibi. Ai loro emigranti, respinti dai consolati, non resta che imbarcarsi di contrabbando dai porti del Nord Africa e della Turchia. Negli ultimi trent’anni hanno attraversato il Mediterraneo in quel modo 3,5 milioni di viaggiatori senza visto mentre i corpi di altri 50 mila giacciono tuttora sul fondo del mare mangiati dai pesci. Come siamo arrivati fin qua? E, soprattutto, come ne usciremo?”

Nella sua ricostruzione storica Del Grande non perde di vista il contesto globale della decolonizzazione, della segregazione razziale oltreoceano, della guerra fredda, dell’ascesa dei movimenti islamisti, del ritorno della Cina e dell’India sulla scena mondiale e del boom demografico – e in prospettiva economico – dell’Africa. “È una rilettura storica degli ultimi cento anni di mobilità delle persone tra lo spazio afroasiatico e l’ Europa – afferma Gabriele Del Grande -. La mobilità è insita nella natura di ogni essere umano come spostamento fisico con l’idea di potere raggiungere la propria felicità. Da circa 40 anni, ci sono una serie di leggi che stabiliscono chi ha il diritto di spostarsi e chi no. Dobbiamo capire come siamo passati dagli anni della libera circolazione  e del boom economico in cui l’Europa incoraggiava l’arrivo delle popolazioni del sud fino alle restrizioni graduali degli accessi per arrivare  agli sbarchi e alle morti in mare”.

“C’è una società europea che per motivi economici e demografici – continua Gabriele del Grande – ha bisogno di immigrazione. Dal 1989 c’è il tentativo di fare una selezione etnica degli ingressi mettendo un muro nei confronti delle popolazioni del sud del mondo. Gli sbarchi dal Mediterraneo rappresentano solo il 10% del flusso di transito degli immigrati provenienti dai vari Paesi. Un motivo in più per sostenere la tesi della legalizzazione degli spostamenti. Con documenti e numeri alla mano, sappiamo bene che la frontiera è già aperta per chi vuole partire con varie opzioni: legali, semi-legali o illegali. Un processo di legalizzazione e liberalizzazione dello spostamento delle persone porterebbe alla risoluzione di tanti problemi. Più si va avanti e sempre più persone si sposteranno, indipendentemente dai muri che si alzeranno. Chiediamoci ancora per quanto tempo vogliamo  contare i morti in forza di una sorta di segregazione razziale legalizzata”.

In Europa, il quadro storico-politico attuale, composto da posizioni diverse tra i  Paesi, non aiuta a pensare ad una reale apertura. “In questo momento sappiamo che la politica in Europa non è pronta perché ancora c’è chi, vivendo con i fantasmi del razzismo del secolo scorso, ha paura di mescolarsi – aggiunge ancora – con altri popoli. Solo, infatti, la caduta delle varie forme di resistenza, permetterà un autentico mescolamento delle varie popolazioni del mondo, in nome del diritto alla libera mobilità internazionale. Chiediamoci quando e come possiamo immaginare un futuro diverso”.

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