Un viaggio ai confini del mondo. È iniziata in questi giorni la missione umanitaria di HPS Charity di Sefora Motta, in Tanzania, per la costruzione di un pozzo d’acqua nel villaggio di Nammanga. Qui, dove oltre 2.000 persone percorrono ogni giorno tra i 9 e i 10 chilometri per attingere dell’acqua sporca dove si proliferano batteri, virus e protozoi, salmonella e malattie mortali. Dove si cerca un bene primario come l’acqua trovando spesso la causa della propria morte.
È il quarto pozzo in Africa realizzato dall’associazione HPS Charity grazie a delle donazioni dopo i primi tre e una scuola costruiti tra Melela e Morogoro. Un viaggio lungo 9.462 chilometri per 26 ore di aereo, scali, bus e jeep per raggiungere Nammanga.
Sefora racconta così il suo viaggio missionario sui social attraverso un diario di bordo insieme ai due amici che l’accompagnano per documentare gli sviluppi della missione: “Ci siamo. Un viaggio ai confini del mondo (9.462 km, 26 ore, aerei, scali, bus e jeep) per giungere al villaggio Nammanga dove nei prossimi giorni, come promesso, finalmente scaveremo il nostro quarto pozzo d’acqua. Grazie a voi anche questa volta riaccenderemo la speranza e restituiremo dignità ad un popolo di 3.000 uomini, donne e bambini che vivono in condizioni di estrema povertà. Le vostre preghiere sono gradite”.
Come spesso succede sono i più fragili la fonte d’ispirazione per tirare fuori il meglio di noi soprattutto nei momenti più difficili dove le più solide certezze sembrano venire a mancare. “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”, dice il Vangelo.
Primo giorno. Ecco il resoconto di Sefora ai confini del mondo: “Day 1. Buongiorno ragazzi, quello che lasciamo alle spalle è uno dei viaggi più estenuanti che abbia mai percorso. Dopo più di 20 ore di viaggio in aereo abbiamo percorso oltre 12 ore di strada sterrata al buio sotto la pioggia, isolata, senza linea telefonica e senza cartelli stradali, nutrendoci solo di banane e noccioline.
Dopo 32 ore e circa 10.000 chilometri ed essere svenuti dal sonno poi alla fine ce l’abbiamo fatta: siamo nei pressi del villaggio in cui domani se tutto va bene costruiremo il nostro quarto pozzo d’acqua. Abbiamo dormito circa quattro ore in due giorni ma ci sentiamo privilegiati e profondamente grati a Dio di poter raggiungere persone nel mondo che non sono mai state raggiunte prima per portare acqua, restituire la dignità umana e la vita”.
Secondo giorno. “Day 2. Timo, abbiamo aperto una scuola elementare nel nulla e pozzi d’acqua nella steppa. Ma come possiamo essere certi che stiamo lavorando bene per gli ultimi? Come capiamo se abbiamo la giusta attitudine?’, chiesi oggi a Timothy, mio amico e local project manager di HPS Charity” – si legge dal diario di Sefora.
“Sef, noi non separiamo i progetti dalle persone, le persone sono più importanti dei progetti. Noi amiamo le persone più di quanto amiamo i nostri progetti per loro. Fino a quando continueremo ad operare così, saremo certi che stiamo lavorando seguendo il carattere di Dio. Hai ragione Rafiky Yangu, amare le persone è l’unico vero progetto al quale siamo chiamati”.
Sono trascorsi cinque anni dalla prima missione di HPS Charity in Tanzania. “Da 5 anni sono testimone vivente di quanto fare il bene, cioè riaccendere la speranza, restituire futuro, dare acqua a chi ha sete, riesca puntualmente a calmare il mio cuore e a restituirmi tenerezza, in un mondo sempre più incattivito”, spiega Sefora Motta, fondatrice di HPS Charity, acronimo di Helping People to See.
“Quando sono impaurita da ciò che mi circonda poi guardo gli occhi di questi bambini e trovo riposo, trovo un senso più grande delle mie paure e dei miei dolori. La vita è imprevedibile. Siamo un vapore che appare e poi scompare. Lo abbiamo capito ormai, no? Prima una pandemia, adesso una guerra, tutto pare suggerirci sempre la stessa cosa: non siamo così padroni della nostra vita così come illusoriamente abbiamo creduto. E non importa quanto abbiamo sudato, lavorato, per accumulare solide certezze economiche, lavorative, materiali (casa, macchina, lavoro, successo) poichè tutti noi in un solo istante potremmo perdere tutto quello che abbiamo costruito da tutta una vita intera”, spiega la missionaria.
“È questo strappo alla nostra autosufficienza che ci costringe a capire la cosa più importante: dare la propria vita è il senso più alto della vita stessa. Dare la vita, significa guadagnarla veramente. Come il nostro corpo ha bisogno di sudare e consumarsi per acquisire forza e vigore così anche la vita ha bisogno di essere spesa, consegnata, donata affinché prenda vigore e abbia un senso”. Alla fine un invito: “Spenditi, non limitarti solo a dare i tuoi beni, dai te stesso affinché tu viva!”.
Lo spiegava bene Gesù quando diceva: “Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove le tarme e la ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano. Accumulate invece per voi tesori in cielo. Perché dove sono le tue ricchezze là sarà anche il tuo cuore” (Matteo 6:19).
“Mentre i potenti massacrano vite umane dall’altre parte del mondo 200 bambini si riappropriano della loro vita, grazie ad una scuola, un pozzo d’acqua e un parco giochi, messi in piedi da tutti noi che siamo abbastanza folli da credere che un mondo migliore è ancora possibile. In un mondo incattivito, la vera rivoluzione è continuare a fare del bene ed amare. Amare perdutamente, cioè perdendo. Amare inutilmente, cioè senza un utile. Amare gratuitamente perchè gratuitamente su quella croce siamo stati amati”, si legge sui social di HPS.
Dopo alcuni problemi tecnici riscontrati nell’utilizzo della trivella per gli scavi del pozzo a Nammanga dovuti alle piogge è stato messo a disposizione un nuovo macchinario per proseguire i lavori. “È una notizia che rasenta il miracolo – spiega la missionaria – dato che da queste parti della Tanzania non è così semplice trovare trivelle disponibili. Oltretutto abbiamo scoperto che la trivella che abbiamo lasciato oggi, tutt’ora impantanata nel fango, avrebbe potuto dare diversi problemi in quanto obsoleta. I piani di Dio sono più grandi dei nostri. Grazie per le vostre preghiere. Continuate a farlo affinché non ci siano altri ostacoli e poter gioire insieme”.
Centinaia di donne, uomini e bambini del villaggio stanno assistendo ai lavori per vedere il momento in cui l’acqua verrà fuori dal sottosuolo. “Al momento siamo arrivati a 65 metri, scaveremo ancora fino ad arrivare a 170 metri dove prevediamo di trovare acqua. Siamo in festa! Tutto questo è reso possibile da ognuno di voi”, si legge ancora dal diario di bordo della missione.