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martedì, 4 Marzo 2025
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Massimo, da lavoratore a senza dimora: “Grazie ai poli la mia vita è ricominciata”

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Un lavoro e una casa. Da un giorno all’altro, Massimo Salis, 49 anni, li ha persi entrambi. Si è ritrovato a vivere per strada. Solo una settimana, ma una settimana di grandi sofferenze. Massimo è nato a Macomer, in provincia di Nuoro. Da 14 anni si è trasferito per lavoro a Palermo. Poi, nel luglio 2018, un problema burocratico e l’impossibilità di rinnovare la carta d’identità. Così l’uomo ha perso il lavoro nel call center. “Ho dovuto lasciare anche la casa. Nessun amico mi ha aiutato – racconta -. Nessuno mi ha ospitato. Per una settimana ho vissuto per strada. Una esperienza terribile. Stavo vicino alla zona della Fiera del Mediterraneo. Dormivo sull’erba dove ho rischiato di essere morso da cani e picchiato dalla gente”. Oggi la sua vita è rinata. E pensa ai meno fortunati. Massimo è volontario per l’associazione “Per la rosa”. “Con loro distribuisco la spesa alle famiglie più povere”.

Da lavoratore a clochard

Massimo parla al telefono con voce commossa. Dalla sua memoria riemergono i ricordi di quei momenti: “Alcuni ragazzi palermitani mi hanno distrutto la casetta di cartone che avevo costruito, sotto un portico, per ripararmi un po’. Cominciava a scarseggiarmi il cibo. Per mangiare raccoglievo il pane duro da terra, toglievo la crosta per mangiare la mollica dura. A volte, al mercato ortofrutticolo prendevo gli avanzi della frutta, li mangiavo senza poterli lavare. Per me era una cosa impensabile vivere così”. Abbandonata la strada, per oltre un mese, Massimo ha trovato un letto nel dormitorio in piazza della Pace. “Piangevo, chiedevo aiuto. Ho dovuto convivere con persone che non conoscevano la pulizia. Alle 8 dovevo essere fuori e potevo tornare solo alle 19. Ero stanco, per dormire un po’ mi buttavo a piazza Marina. Per il pranzo mi rivolgevo alla Caritas, per la cena dovevo accontentarmi con quello che trovavo”. Poi, l’ammissione in un polo del Progetto Dimora, il Centro Agape.

La rinascita nel Centro Agape

Solo, lontano dagli affetti. Massimo non aveva più neppure il cellulare. Glielo avevano rubato. E non sapeva come contattare i suoi familiari, i suoi dieci fratelli. “Mi cercavano dappertutto. Ma non sapevano come trovarmi. Mentre ero al Centro Agape sono riuscito a ricontattare i miei familiari. E ho scoperto che era morta una mia sorella. Una esperienza tristissima, anche perché non ho potuto partecipare alle cerimonie, stare vicino alla famiglia”. Il dolore cede il passo alla gioia di una rinascita. “Nel Centro Agape mi sono ripreso. Ho cominciato a conoscere persone e a stringere rapporti di amicizia”. Due le fasi della sua giornata. Di mattina fuori a cercare lavoro e una casa, di pomeriggio le attività di laboratorio. E per lui, in particolare, la realizzazione di oggetti con il cartoncino. “Con i soldi degli oggetti venduti in una bancarella, al Centro La Noce, ho comprato due paia di scarpe”, racconta soddisfatto. Massimo realizza alberi di Natale, farfalle. Come loro, vola via con la sua immaginazione. Che poi atterra sulla materia. E gli alberi, le farfalle diventano reali.

Il ritorno in una casa tutta sua

Massimo ha messo da parte i soldi, ha cercato una casa da affittare. “Ho sempre voluto tornare a vivere in autonomia – racconta -. Così ho cominciato a fare qualche lavoretto. Volevo riprendermi la mia vita. Ho ricevuto il reddito di cittadinanza, anche se è una cosa che voglio presto abbandonare. Lavoro da quando avevo 14 anni e i soldi voglio guadagnarmeli”. La sua paura più grande era quella di “uscire e non riuscire più ad affrontare il mondo”. “Ho pianto lacrime di dolore perché volevo la mia libertà. Volevo tornare a vivere”. Sono trascorse poche settimane da quando Massimo ha lasciato il Centro. Adesso si è trasferito in un monolocale. E passa in rassegna i nomi degli operatori che lo hanno supportato, lasciato sfogare. “Ho rassicurato il padrone di casa che avrei fatto tutto il possibile per pagare l’affitto. Così con i soldi messi da parte nel frattempo ho pagato la caparra”. Ma ogni tanto torna a salutare gli amici al Centro Agape. “Dico agli altri ospiti che, se vogliono, possono riemergere, possono riconquistare la loro vita. La vita è bella. Te la devi creare tu”.

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