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domenica, 20 Aprile 2025
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Badara Seck, il griot che canta la fratellanza

L'artista senegalese, che ha lavorato anche con Ranieri e Morricone, ci ha raccontato gli aspetti più intimi e personali della sua storia di vita e della sua professionalità. Ha fatto tappa a Palermo in concomitanza dell’anniversario del ristorante Ciwara

Stefano Edward Puvanendrarajah
Stefano Edward Puvanendrarajah
Laureato in Comunicazione Pubblica, d’impresa e pubblicità presso l’Università di Palermo e digital marketing specialist. Racconta le realtà associative che si occupano del sociale in Sicilia e la vita quotidiana delle comunità migranti siciliane, utilizzando i nuovi media
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PALERMO. Sorrisi, spensieratezza e tenacia nel diffondere l’amore, il dialogo, la pace e la fratellanza attraverso la lingua universale della musica. Badara Seck si sente a casa nella città di Palermo. E ripercorrendo il suo passato ricorda anche il dispiacere di non aver potuto fare una carriera da medico. È in questo bivio, costituito da emozioni e ricordi alternati simili alle istantanee delle vecchie fotocamere analogiche che l’artista si è raccontato ai nostri microfoni.

La famiglia e le tradizioni Griot di Badara Seck

Sono nato Griot, non lo sono diventato – riferisce con orgoglio Badara Seck – ripercorrendo la valenza storico-culturale dei Griot nel continente africano e delle sue tradizioni risalenti al XII secolo. In Africa abbiamo una forte tradizione orale ed essa necessita di una buona gestione che giunge grazie anche all’impegno dei Griot che fanno da ponte tra il popolo e gli spiriti invisibili. Da noi esiste la terapia musicale che è correlata al misticismo della musica”.

Pur essendo un Griot che ha nel tempo costruito una sua identità personale, Badara non nasconde qualche sogno che aveva nel cassetto in merito alle sue ambizioni professionali: “Io crescendo volevo diventare un medico ma non potevo perché sono nato in questa realtà e devo portare avanti ciò grazie anche alla mia predisposizione vocale. La mia etnia conta tra le 300 – 400 persone”, riferisce Badara Seck. Il suo racconto appassionato circa le sue origini prosegue con la ricostruzione storica dei Griot: “Ogni due secoli, – riferisce Badara Seck – abbiamo l’opportunità di avere 2-3 cantanti sia uomini che donne i quali possono essere i capofila della famiglia creando anche un po’ di competizione tra le famiglie. Da qui nasce il mio io a livello professionale-lavorativo, sono nato e cresciuto con questo e per questo motivo la mia passione l’ho coltivata cercando di fare un viaggio sia in termini spazio-temporali che in termini di ricerca interiore con la forte capacità di imparare anche dagli altri”.

Badara Seck

Il viaggio nella tradizione africana e il suo percorso musicale

Dagli insegnamenti educativi e valoriali impartiti dalla nonna alla concezione del viaggio come apprendimento costante e scambio bilaterale in una ottica di un dare-avere, Badara Seck prosegue il suo racconto con tanti aspetti fortemente emotivi quanto ricordi indelebili: “Per noi il viaggiare è sinonimo di imparare, l’Africa ha una forte tradizione orale e noi non abbiamo libri da leggere o da scrivere –  riferisce -. Mia nonna mi diceva spesso in termini di metafora che le orecchie e gli occhi vanno ogni giorno a scuola. Sono le prime parti del corpo che trasmettono qualcosa a livello formativo/emotivo al bambino. Poi, crescendo, viaggiando ciò aiuta ancora di più in quanto sono due mezzi che aiutano nelle relazioni sociali, culturali e da tutti i punti di vista possibili”.

Una esperienza di viaggio che è degna di un “esploratore musicale” che unisce, condivide le diversità attraverso la sua voce, la sua gestualità e il suo carisma da Griot. È questo ciò che evince nella sua ricostruzione personale simile ad ogni singolo scatto fotografico, in cui inizia i racconti delle prime esperienze maturate nel continente africano per poi giungere alla sua entità transnazionale da artista a 360 gradi: “Iniziai a viaggiare nel Senegal, nel Mali e nei paesi limitrofi – riferisce Badara –. Avevo delle case di produzione che mi volevano e grazie a loro giunsi in America, in Svizzera, in Canada e in altri Paesi. Peter Brook mi voleva come voce con il fine di iniziare a fare il canto di teatro. In quanto Griot penso che ci siano delle predisposizioni perché non è lontano dalla nostra storia in qualità di custodi del canto” .

L’universalità della musica è l’antidoto per il razzismo che, secondo Badara non dovrebbe esistere come fenomeno perché costruito dall’uomo: “Il razzismo penso che non esista – sostiene -. Il problema è che non ci conosciamo bene l’un l’altro. Siamo 7 miliardi e mezzo nel mondo e debbo dire che la musica nella sua universalità mi ha aiutato, mi ha aiutato molto ad avvicinarmi agli altri in una società dove vi è un dare e ricevere”. 

L’approdo musicale in Italia e le esperienze con Ranieri e Morricone

Badara Seck ha oggi un vasto curriculum musicale fatto di esperienze con i migliori musicisti e cantautori del panorama musicale di ieri e di oggi. E, nella sua filosofia del dare e del ricevere, riferisce come questi grandi artisti abbiano preso ispirazione dalla sua tradizione musicale. Tra questi, Massimo Ranieri, Checco Zalone ed Ennio Morricone: “Verso la fine degli anni 90, Massimo Ranieri mi voleva in Italia e riuscimmo a fare 2 dischi, ne feci 3 con Mauro Pagani e nel tempo ho maturato altre esperienze teatrali e cinematografiche – dice -. Morricone mi voleva per una voce per un film ed è stato per me un qualcosa di unico e inimmaginabile perché quando vedevo dei grandi artisti come Pavarotti, Bocelli, Albano dicevo in me che anche noi abbiamo degli artisti di tale stazza sebbene con la mancanza della consapevolezza del pubblico di tale presenza. La conferma alla mia tesi è stata grazie a questa esperienza in cui lo stesso mi aveva chiamato e riferito che nessuno poteva fare quella voce”.

Meridione e calore del sud mixxato con il calore delle voci vibranti africane, questo trait d’union tra queste realtà è un plus che Badara ricorda in riferimento alle potenzialità canore di Massimo Ranieri: “Ranieri nella sua spontaneità naturale esprime la sua piena essenza napoletana. Ha una grande voce, una professionalità unica che sicuramente avrà sviluppato fin da bambino per divenire il grande cantante che  è oggi – riferisce Badara -, Io imparavo da lui, dalla sua tecnicità tramite l’ascolto uditivo per arrivare a fare ciò che facevo”.

Ponti di collegamento che rendono la musica una lingua internazionale comprensibile da tutti: “Questa voce calorosa dell’Africa unita alle voci di Napoli, di Fiorella Mannoia, di Ornella Vanni rappresenta davvero un unicum – riferisce Badara -. La musica per me è la seconda lingua di ogni popolo e ciò mi ha aiutato ad avere un confronto  in cui le tecniche  e gli stili possono  essere diversi ma le emozioni che trasmettiamo sono uguali”.

L’amore di Badara per Palermo

Badara Seck è fortemente innamorato di Palermo a tal punto da ricordare la sua essenza, il suo multiculturalismo e la sua unicità: “Palermo è un posto unico per me, pur non abitandoci posso dire che è una delle 3 città del mondo in cui sono famoso – riferisce -. Ho avuto la fortuna di aver recitato lì, il multiculturalismo, la volontà politica del sindaco, degli assessori, del Teatro Massimo, del Conservatorio, mi ha dato tanto perché si percepisce il feedback del dare e avere. Vi è un apripista per l’integrazione. Palermo per me è sinonimo di magia e sacralità e mi sento davvero a casa”.

Il ponte con i bambini e i percorsi di integrazione

Dal raccontare la sua famiglia estesa, Badara ricorda il forte amore verso i più piccoli che riferisce enfatizzando di essere suoi figli: “Per me i bambini sono fondamentali, rappresentano la mia esistenza, perché io esisto grazie a loro. Io provengo da una famiglia con 30 figli – racconta -. Crescendo ho cercato di condividere il benessere dei bambini, trasmettere la storia, la memoria è importante per noi. Abbiamo bisogno dei Griot per la memoria e mettere in orientamento i bambini per conoscere loro stessi e rispettare l’altro. Ciascuno di noi deve conoscere se stesso e il miglior modo è educare i bambini. L’integrazione passa tramite la formazione all’alterità che si deve offrire ai bambini attenzionandoli a 360 gradi. Nutro affetto per i bambini ed è la più grande soddisfazione nella mia carriera. Ringrazio Dio per questo, tutti i bambini del mondo sono come se fossero miei figli e miei bambini”.

I progetti futuri di Badara

Una agenda piena di appuntamenti e una speranza di ritornare da protagonista, pandemia permettendo, in una iniziativa al Teatro Massimo. Così Badara pensa il proprio futuro: “In Africa sto per registrare il mio disco e nel contempo ci stiamo preparando anche per un film di Matteo Garrone e anche per un film documentario – riferisce -. Spero di poter fare nel 2022 un progetto a Palermo al Teatro Massimo con il coro nell’auspicio di superare la situazione pandemica”.

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