PALERMO. Accolta a Palermo e in fuga dalla guerra, adesso, è una giovane volontaria europea. E’ Sasha, una ragazza ucraina di 29 anni, originaria di Kiev, che lo scorso maggio è stata accolta nel capoluogo siciliano grazie a un programma dell’Unione europea, l’ESC (European Solidarity Corps), che offre ai giovani, tra i 18 e i 30 anni, opportunità di volontariato nell’ambito di progetti che hanno l’obiettivo di costruire società più inclusive in risposta ai principali problemi sociali.
A Kiev, la giovane lavorava come social media & community manager per diverse aziende. Quando a febbraio la Russia ha attaccato l’Ucraina è diventata all’improvviso una ‘sfollata’. Durante il primo mese di conflitto ha vissuto in Moldavia con i suoi familiari. È stato proprio da quel momento in poi che ha trovato online la possibilità offerta da Per Esempio Onlus di raggiungere l’Italia come volontaria europea. Adesso, a Palermo, divide la sua settimana tra il Centro Penc, spazio che si occupa di donne e ragazze soprattutto migranti in condizioni di marginalità, l’associazione Santa Chiara e Parco del Sole che operano nel cuore dell’Albergheria prendosi cura dei bambini del quartiere in condizioni di povertà educativa, Ubuntu (asilo nido e ludoteca interculturale), la cooperativa turistica Terradamare e vari progetti di Per Esempio onlus. Il Centro Penc accoglie anche diverse donne ucraine. Lei e Maryana, anche lei volontaria ucraina, una volta alla settimana organizzano un corso di danza ucraina per le donne che il centro sostiene.
“L’opportunità di fare questa esperienza è arrivata nel momento giusto perché non avevo davvero un posto dove andare – racconta Sasha -. Per me avere questa possibilità è stata come un grande regalo. Sognavo da tempo di fare un ESC ma qualcosa mi aveva sempre fermato come la paura di andare all’estero, la paura di ripartire da zero e un profondo attaccamento alla mia città, Kiev. Conoscevo già la città, innamorandomi di Palermo e della Sicilia, molto tempo fa, perché è festosa, multiculturale e diversificata. Ero un po’ preoccupata per la mia età perché ho quasi 29 anni e so che gli europei di solito fanno volontariato tra i 18 e i 20 anni, quindi la differenza di età avrebbe potuto essere enorme. Ma è andato tutto bene e l’età è solo un concetto. Ora lavoro come volontaria in due centri sociali: una realtà per donne e bambini, Centro Penc e Santa Chiara. Voglio concentrarmi sul Centro Penc perché trovo questo posto davvero significativo e utile. È uno spazio per le donne e le ragazze di Palermo e del territorio e per i loro bambini che vivono situazioni di disagio sociale. È uno spazio sicuro, un luogo sicuro dove parlarsi e condividere paure, difficoltà e sfide, per trovare insieme soluzioni pratiche e supporto emotivo“.
“Quella di Sasha è una delle tante storie capaci di dimostrare l’impatto concreto che i programmi di mobilità del mondo Erasmus + possono avere sulla vita delle persone – afferma Claudio Arestivo, presidente di Per Esempio Onlus -. Il progetto Be Present 2.0 è stato approvato dalla nostra organizzazione quasi in concomitanza con lo scoppio della guerra in Ucraina. Con il pensiero a questo terribile evento ci siamo chiesti come poter dare il nostro contributo e cosi abbiamo deciso di dedicare questa ottima opportunità a youth worker, membri di associazioni, volontari che in quei mesi tentavano di mettersi in salvo e scappare dall’Ucraina. Oltre la felicità dei percorsi di successo, la nostra preoccupazione ad oggi è capire come dar proseguo a progetti come quello di Sasha e Maryana, impedendo che la prossima chiusura delle attività possa determinare l’interruzione di un processo di accoglienza ma anche di inserimento e inclusione nella comunità locale. Sappiamo che questa è una di tante altre storie di volontari provenienti da contesti di conflitto e deprivazione accolti dalle tante organizzazioni attive in Italia con le quali insieme all’ANG e al programma Erasmus + vorremmo interrogarci per individuare azioni e strategie capaci di supportare gli stessi soggetti nei percorsi di autonomia e fuoriuscita dai progetti“.
“Lontano da logiche di aiuto e solo assistenziali, il progetto diventa vincente perché non si occupa, in tema di accoglienza, solo del soddisfacimento dei beni primari ma ha lo scopo di coinvolgere queste persone all’interno della vita concreta sociale e culturale della nostra città. In questo caso – continua Claudio Arestivo -, le due ragazze, anche in relazione alle loro competenze, stanno dando, non solo per la loro crescita, un contributo significativo a delle realtà specifiche; non sono pertanto ospiti ma parti integranti in movimento della città che li accoglie. Il volontariato è sicuramente il primo accesso importante nella società perché si basa sulla valorizzazione delle relazioni in grado poi di aprire anche altre fronti. L’obiettivo è quello di costruire una comunità nuova che abbia un chiaro ed evidente respiro internazionale“.