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venerdì, 25 Aprile 2025
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La malattia rara della figlia, l’addio a Palermo e quei racconti per “scambiarci un sorriso”

Salvatore Savasta è padre di Zaira, 8 anni, affetta da ADNP, malattia ultra rara. Si racconta e racconta il suo mondo sui social e in un libro

Serena Termini
Serena Termini
È nata il 5 marzo del’73 e ha tre figli. Dal 2005 è stata la corrispondente dell'agenzia di stampa nazionale Redattore Sociale con cui oggi collabora. Da sempre, ha avuto la passione per la lettura e la scrittura. Ha compiuto studi giuridici e sociologici che hanno affinato la sua competenza sociale, facendole scegliere di diventare una giornalista. Ciò che preferisce della sua professione è la possibilità di ascoltare la gente andando al di là delle prime apparenze: "fare giornalismo può diventare un esercizio di libertà solo se ti permettono di farlo".
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PALERMO – “Pochi minuti al giorno per scambiarci un sorriso carico di quell’affetto che ci spinge ad andare avanti insieme nella nostra vita interamente dedicata alla piccola Zaira”. A dirlo è Salvatore Savasta che è padre di Zaira di 8 anni, affetta da ADNP, malattia ultra rara di cui sono affette 400 persone nel mondo e solo 20 in Italia.
Nato e cresciuto allo Zen di Palermo, è stato costretto a lasciare la città per trasferirsi con moglie e figlia a Pordenone per potere curare all’IRCSS Garofalo di Trieste la figlia. Racconta ogni giorno la sua storia di amore e sofferenza sulla pagina Facebook Savastascrivecose. E adesso anche nel libro IL mostro sotto il letto (Giraldi Editore). Il testo è una lettera alla moglie Alessia su come cercare di rimanere coppia e famiglia nonostante la solitudine, l’emarginazione e le difficoltà di immaginare un futuro per una bambina affetta da una patologia ancora orfana di cure.

Da Palermo siete andati in Friuli?
Sì, vivevamo a Palermo ma dopo la nascita di Zaira affetta da una malattia genetica rarissima ci siamo trasferiti a Pordenone per poterle garantire le giuste cure presso l’ospedale specializzato di Trieste. Zaira ha iniziato a parlare a 5 anni. La nostra vita, dopo la diagnosi, avvenuta quattro anni fa, è cambiata perchè abbiamo dovuto lasciare i nostri lavori e la vita siciliana per ricominciarne un’altra città, in nord Italia.

È iniziata una vita molto difficile?
All’inizio io e mia moglie lavoravamo in fabbrica con gli stessi orari che non ci permettevano di dedicarci ai bisogni della bambina. Successivamente, avendo trovato lavoro come portiere notturno in un hotel, sono riuscito a dedicarmi di più a Zaira. Mia moglie non può e quindi è l’unico modo in cui posso portare la bambina a fare le visite e ricoveri a cui si deve sottoporre periodicamente. In questo modo, ricevendo le giuste terapie, pur nella sua grave malattia, Zaira è riuscita a fare tanti passi avanti.

La vostra vita di coppia era andata in tilt?
Purtroppo sì perché ci siamo ritrovati soli e appesantiti dalla gestione della malattia di Zaira. Il primo periodo è stato molto duro perché non avevamo ancora i riconoscimenti della malattia di Zaira da parte dello Stato e del servizio sanitario nazionale. Con mia moglie, a causa dei ritmi di vita diversi, non riuscivamo ad incontraci più. Quelle poche volte che riuscivamo a farlo ci sfogavamo reciprocamente tutto il nostro stress.

Com’è nata l’idea del libro?
In realtà si tratta di una lunga lettera dedicata a mia moglie nata in un periodo molto sofferto e difficile in cui eravamo tutti e due molto stanchi. La lettera nasce come risposta a lei che un giorno mi ha detto stremata: “Se fossi morta stanotte, forse sarei stata meglio rispetto a come mi sento”.

Nella lettera qual è il messaggio a sua moglie che poi ha deciso di fare diventare pubblico?
Nella lettera parlo della difficoltà di riuscire a rimanere coppia nonostante le risorse fisiche, psicologiche, economiche siano venute meno. Rischiavamo di separarci ma, dopo questa lettera, abbiamo deciso di valorizzare insieme quel poco tempo che abbiamo a disposizione nell’ottica dell’incontro e non dello scontro. I cinque minuti che ci dedichiamo sono principalmente dedicati a strapparci un sorriso oppure a cercare di essere più sereni nell’affrontare la quotidianità anche attraverso l’ironia nostra e di Zaira. Occorre prendere sempre più consapevolezza del problema per trovare l’approccio migliore per conviverci nonostante i momenti di scoraggiamento. Vogliamo essere portatori di speranza nei confronti di coloro che vivono ogni giorno il dramma della disabilità. 

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