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domenica, 20 Aprile 2025
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Quando la violenza non ha l’ultima parola: la storia di rinascita di Elena

Le vicende vissute dalla donna di un paese dell'Agrigentino rivivono nel romanzo "L'odore della nebbia", di Licia Cardillo Di Prima: "Bussate sempre, l’aiuto da qualche parte arriva"

Lilia Ricca
Lilia Ricca
Giornalista pubblicista, laureata in Comunicazione per le Culture e le Arti all'Università degli Studi di Palermo, con un master in Editoria e Produzione Musicale all'Università IULM di Milano. Si occupa di cultura, turismo e spettacoli per diverse testate online e da addetto stampa. Scrive di sociale per "Il Mediterraneo 24"
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L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà. Se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio (Italo Calvino, Le città invisibili).

PALERMO. Se è vero che la scrittura ci salva la vita, lo sa bene la scrittrice Licia Cardillo Di Prima che nel suo ultimo romanzo “L’odore della nebbia”, uscito da poco per Dario Flaccovio editore, scandaglia con tono poetico le trame dell’animo umano, un destino crudele che si è abbattuto su una donna vittima di violenza. Una storia di denuncia e impegno, un romanzo ispirato alla vera storia di L.T., una donna siciliana, di un paese dell’agrigentino, su cui il destino è piombato addosso additandole colpe di scelte incompiute.

Le parole, la scrittura ci salva la vita. Che siano dette a voce. Lo vediamo quando esterniamo le nostre emozioni profonde, che nessuno conosce e spesso non ammettiamo nemmeno a noi stessi.

Una bambina con una madre, “una poco di buono”, non curante dei figli, la mancanza di un padre assente e mai conosciuto. La violenza di un orco, un vicino di casa durante l’infanzia. Un nonno affettuoso che con le parole è uno scudo. La meraviglia di un borgo siciliano incagliato tra montagne e rocce levigate dal tempo. Il profumo della natura, il cambio delle stagioni. La derisione dei compagni di classe, l’ingenuità e l’innocenza di un sorriso perduto. L’ipocrisia e la doppiezza, la cultura di un luogo dove le donne non sono vittime ma colpevoli.

Gesuina – così si fa chiamare nel libro – viene rapita durante l’adolescenza dopo un’infanzia difficile. Un’esperienza che porterà ad uno stupro, dei figli e un matrimonio forzato. Le tante denunce inascoltate, poi la fuga per non morire. “Se una donna muore vittima di femminicidio è un’eroina. Se invece la donna scappa e abbandona i figli è una poco di buono”, racconta L.T. a Il Mediterraeo 24.

“A 15 anni sono stata costretta a sposarmi perché già ero mamma di tre figli e ne aspettavo un altro. Senza un lavoro, con la quarta elementare. Ho conosciuto questo signore, di 27 anni più grande di me, in una fabbrica dove lavoravo. Sono stata rapita e segregata in casa. Soltanto dieci anni dopo, avevo 25 anni, è finita quando ho capito che dovevo scappare anche dai miei figli per salvarmi“.

L’odore della nebbia avvolge e sconvolge la vita della protagonista, tra il detto e il non detto, tra verità e finzione, tra passato e presente confondendo il proprio nome e l’identità. Gesuina – Elena da adulta nel romanzo – ritorna nel suo paese di origine per ricomporre i pezzi di un destino crudele. Vuole ritrovare sua madre di cui ha perso le tracce, i fratelli, il nonno e la casa dove ha vissuto prima della fuga in un’altra regione.

Chi è Elena? Risponde così la scrittrice: “Elena è una donna matura che si è saputa reinventare. Ha iniziato a studiare. Ha preso un diploma e adesso ha un lavoro. È una donna coraggiosa e testarda. Quando ho raccolto la sua storia, inizialmente non mi andava di raccontarla. Ho dovuto creare un distacco e cercare un punto di vista. Ho deciso di metterla per iscritto, romanzandola, con tono poetico e nel rispetto dei fatti, ricordando il potere salvifico della scrittura. La scrittura ci salva la vita. Com’è stato per la protagonista, Gesuina, nelle parole dolci e piene di amore del nonno e nella sua sapienza che salvano la sua giovane vita dandole valore e coraggio. Parole che ricorderà per tutta la vita, anche da adulta. Nella magia dei detti sapienti delle tradizioni e del luogo, i nostri borghi siciliani, e nei fenomeni magici della natura come il suono e l’odore degli alberi e delle piante che crescono intorno. Nella Bibbia dove si dice che il Padre eterno ha creato il mondo con l’uso della parola dando vita alle cose. Semi di luce, speranza e bellezza sono la salvezza di Gesuina”.

“A tutte le donne che vivono la stessa situazione in ambienti spesso familiari vorrei dire di scappare o chiedere aiuto. L’aiuto arriva e c’è sempre, come diceva sempre mio nonno”, continua L.T. “Bussa sempre, l’aiuto da qualche parte arriva. Un altro consiglio è di leggere storie di donne che ce l’hanno fatta per diventare consapevoli della propria autostima. Siamo esseri umani. Ci vuole coraggio. Alle donne, alle giovani donne dico di non arrendersi mai, ma di lottare per la propria autodeterminazione e indipendenza economica”.

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